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giovedì 5 settembre 2019

MERCURIO storia delle osservazioni ed esplorazioni. by INSA.

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Aggiornato il 05/09/2019

MERCURIO STORIA
DELLE OSSERVAZIONI

(Estratto da Wikipedia e migliorato).
Il pianeta Mercurio è visibile solitamente durante sei periodi dell'anno, con 3 apparizioni la mattina prima dell'alba e 3 la sera immediatamente dopo il tramonto.
Ma comunque i periodi migliori per l'osservazione sono dopo il tramonto attorno all'equinozio di primavera per l'emisfero boreale e prima dell'alba attorno all'equinozio di autunno per l'emisfero australe, a causa dell'inclinazione dell'eclittica sull'orizzonte, che porta ad una maggiore elongazione dal Sole.

Popoli mesopotamici:
Le osservazioni più antiche del pianeta di cui si ha traccia storica sono riportate nelle tavole MUL.APIN, eseguite probabilmente da astronomi assiri intorno al XIV° secolo a.C.
Il nome utilizzato per designare l'odierno Mercurio in questi testi, redatti in scrittura cuneiforme, è trascritto come Udu. Idim. Gu\u. Ud ("il pianeta saltellante").
Le registrazioni babilonesi risalgono al I° millennio a.C. , e chiamarono il pianeta Nabu (o Nebo), dio della scrittura e quindi della saggezza nella loro mitologia.

Egizi e Greci:
Gli antichi Egizi e i Greci assegnarono a Mercurio, come anche a Venere, due nomi differenti: uno come stella del mattino, l'altro come stella della sera. Per gli Egizi alle due apparizioni corrispondevano rispettivamente Seth, un dio oscuro che veniva scacciato dalla luce accecante del Sole nascente, e Horus, un dio benigno associato alla figura del faraone e dello Stato.

Invece nella tradizione greca sono rintracciabili due coppie di nomi per il pianeta Mercurio.
La più antica, testimoniata nell'epoca di Esiodo (fine dell'VIII°, inizio del VII° secolo a.C.), consistette in Στίλβων (Stilbon, "il brillante"), per quella che era considerata la stella del mattino, e Ἑρμάων (Hermaon), come stella della sera.
Successivamente, in periodi più recenti, queste denominazioni furono sostituite rispettivamente dagli dei Apollo ed Hermes. Alcune fonti attribuiscono all'intuizione geniale di Pitagora (verso il 500 a.C.) la comprensione del fatto che si trattasse di un unico pianeta errante, altre invece propendono per un periodo più tardo, intorno al 350 a.C.
Tolomeo nel II° secolo a.C. scrisse della possibilità che Mercurio potesse  transitare davanti al Sole nelle sue: '' Ipotesi Planetarie ''. Suggerì che nessun transito era stato fino ad allora osservato o a causa delle limitate dimensioni del pianeta, troppo piccolo perché il fenomeno risultasse osservabile o perché l'evento era poco frequente.

I Romani:
I Romani , invece , chiamarono il pianeta Mercurio in onore del messaggero alato degli dei, che era anche il dio romano del commercio e dei viaggi, corrispondente al greco Hermes. Probabilmente il pianeta ricevette questo nome a causa del suo rapido moto attraverso il cielo, più veloce di quello di tutti gli altri pianeti conosciuti all'epoca.

Estremo oriente:
Nell'Antica Cina Mercurio era conosciuto come Chen Xing (辰星), la ''Stella delle Ore''. Era associato con il Nord ed era l'elemento dell'acqua nel Wu Xing. Nelle moderne culture cinese, coreana, giapponese e vietnamita si è conservato il legame con il Wu Xing e il pianeta è chiamato "la stella dell'acqua" (水星).

India:
Nella mitologia indiana Mercurio era identificato con il dio Budha, che presiedeva il mercoledì.
Nel Surya Siddhanta, un trattato di astronomia indiano del V° secolo, è fornita una stima del diametro di Mercurio con un errore rispetto al valore oggi noto inferiore dell'1%. Tuttavia tale calcolo era basato sull'inaccurata supposizione che il diametro angolare del pianeta fosse di 3,0 arcominuti, quindi tirando a cogliere, beccarono nel giusto.
Nel XV° secolo l'astronomo indiano Nilakantha Somayaji della Scuola del Kerala sviluppò un modello planetario del Sistema solare parzialmente eliocentrico in cui Mercurio orbitava attorno al Sole che a sua volta orbitava attorno alla Terra. Si trattava di un modello simile al Sistema Ticonico suggerito, indipendentemente un secolo dopo, dall'astronomo danese Tycho Brahe nel XVI° secolo.

Nordici e Norreni:
Nella mitologia germanica e norrena il pianeta e il giorno erano dedicati al dio Odino (Woden in germanico), il maggiore degli Dei di queste mitologie.

Mesoamerica:
I Maya potrebbero aver rappresentato il pianeta come un gufo o forse come quattro gufi, due che ne esprimevano le caratteristiche mattutine e altri due per quelle serali, che recavano messaggi all'oltretomba.

In epoca scientifica:
Galileo Galilei compì le prime osservazioni telescopiche di Mercurio all'inizio del XVII° secolo. Sebbene fosse riuscito nell'osservare le fasi di Venere, il suo telescopio non era sufficientemente potente da permettergli di cogliere anche quelle di Mercurio, che furono scoperte nel 1639 da Giovanni Battista Zupi fornendo la prova definitiva che Mercurio orbita intorno al Sole.
Intanto nel 1631 Pierre Gassendi era stato il primo a osservare un transito di Mercurio innanzi al Sole, secondo le previsioni fornite da Giovanni Keplero.

I Transiti:
I transiti di Mercurio osservati dalla Terra sono molto più frequenti dei transiti di Venere grazie alla ridotta distanza dal Sole e alla maggiore velocità orbitale: ne avvengono circa 13 ogni secolo. Sin dai tempi antichi il transito fornisce un'ottima occasione per condurre studi scientifici. Nel 1600 i transiti di Mercurio vennero usati per stimare la dimensione del pianeta e per calcolare la distanza tra Terra e Sole, allora sconosciuta. In epoca moderna i transiti sono usati per analizzare dalla Terra la composizione della tenue atmosfera e come valido elemento di confronto per i metodi di individuazione di pianeti extrasolari.

Le Occultazioni:
Un altro evento ancora più raro nell'astronomia è il passaggio di un pianeta davanti a un altro (occultazione) visto dalla Terra. 
Mercurio e Venere si occultano ogni pochi secoli e l'evento del 28 maggio 1737 rilevato da John Bevis all'Osservatorio di Greenwich è l'unico storicamente osservato. La prossima occultazione di Mercurio da parte di Venere avverrà il 3 dicembre 2133.

Le difficoltà insite nell'osservazione diretta di Mercurio lo hanno reso il pianeta meno studiato tra gli otto del Sistema solare. Nel 1800 Johann Schröter compì alcune osservazioni delle sue caratteristiche superficiali e affermò di aver osservato montagne alte 20 km. Friedrich Wilhelm Bessel utilizzò i disegni di Schröter e stimò erroneamente un periodo di rotazione di 24 ore e un'inclinazione dell'asse di rotazione di 70°.

(a lato la mappa di Schiaparelli).

Schiaparelli:
Negli anni ottanta dell'Ottocento Giovanni Schiaparelli disegnò mappe più accurate della superficie ed erroneamente suggerì che il periodo di rotazione del pianeta fosse di 88 giorni, uguale a quello di rivoluzione, e quindi che il pianeta fosse in rotazione sincrona con il Sole così come la Luna lo è con la Terra.

Antoniadi:
L'impegno nel mappare la superficie di Mercurio fu proseguito da Eugène Michel Antoniadi che pubblicò le sue mappe e osservazioni in un libro nel 1934.
Molte caratteristiche superficiali del pianeta, e in particolare quelle di albedo, prendono il loro nome dalle mappe di Antoniadi.

(a lato la mappa di Antoniadi).

Bepi Colombo:
L'astronomo italiano Giuseppe Colombo osservò che il periodo di rotazione era circa due terzi di quello orbitale e propose una risonanza 3:2 invece che l'1:1 prevista dalla teoria della rotazione sincrona.

Nel giugno del 1962 ricercatori sovietici dell'Istituto di radio-ingegneria ed elettronica dell'Accademia delle Scienze dell'URSS diretto da Vladimir Kotel'nikov furono i primi a eseguire osservazioni radar del pianeta.
Tre anni dopo ulteriori osservazioni radar condotte con il radiotelescopio di Arecibo dagli statunitensi Gordon Pettengill e R. Dyce indicarono in modo conclusivo che il pianeta completa una rotazione in 59 giorni circa.
La scoperta risultò sorprendente perché l'ipotesi che la rotazione di Mercurio fosse sincrona era ormai ampiamente accettata e vari astronomi, riluttanti ad abbandonarla, proposero mirabolanti ed astruse spiegazioni alternative per i dati osservativi.
In particolare la temperatura notturna della superficie del pianeta risultò molto più alta rispetto al valore atteso nel caso di rotazione sincrona e, tra le varie ipotesi, fu proposta l'esistenza di venti estremamente potenti che avrebbero ridistribuito il calore dalla faccia illuminata a quella buia, e quindi l'esistenza di una consistente atmosfera, ipotesi del tutto errata.

Successivamente, i dati raccolti dalla missione spaziale Mariner 10 confermarono la previsione di Colombo, spazzando ogni dubbio o reticenza, e confermarono pure l'esattezza delle mappe di Schiaparelli e Antoniadi.
Gli astronomi, nelle loro carte, rilevarono le stesse caratteristiche di albedo ogni seconda orbita e le registrarono, ma non dettero importanza necessaria a quelle dell'altra faccia di Mercurio a causa delle condizioni osservative scarse nel momento in cui le guardavano.

Le osservazioni dalla Terra non permisero di acquisire maggiori informazioni su Mercurio e le sue principali caratteristiche rimasero ignote finché non fu visitato dal Mariner 10, la prima sonda spaziale a visitare il pianeta. Tuttavia recenti progressi tecnologici hanno migliorato anche le osservazioni dalla Terra e, grazie alle osservazioni condotte dall'Osservatorio di Monte Wilson con la tecnica del lucky imaging nel 2000, è stato possibile risolvere per la prima volta dettagli superficiali sulla porzione di Mercurio che non era stata fotografata dal Mariner 10. Osservazioni successive hanno permesso di ipotizzare l'esistenza di un cratere d'impatto più grande del Bacino Caloris nell'emisfero non fotografato dal Mariner 10, cratere a cui è stato informalmente dato il nome di Bacino Skinakas. La maggior parte del pianeta è stata mappata dal radiotelescopio di Arecibo, con una risoluzione di 5 km, compresi depositi polari in crateri in ombra che potrebbero essere composti da ghiaccio d'acqua.

Mariner 10:
Concepito per l'osservazione di Venere e Mercurio, il Mariner 10 venne lanciato il 3 novembre 1973 e raggiunse il pianeta nel 1974, usando per la prima volta nella storia la manovra di fionda gravitazionale. La sonda effettuò il primo sorvolo il 29 marzo a una distanza minima di 700 km, fornendo le prime immagini inedite del pianeta e risultati scientifici inaspettati: la sonda registrò un campo magnetico rilevante che si pensava fosse quasi del tutto assente. Il secondo sorvolo, il 21 settembre, fu ben più lontano del primo. Si decise di risparmiare carburante per permettere un terzo sorvolo che avrebbe permesso di capire la natura del campo magnetico: se intrinseco come quello della Terra o indotto dal vento solare come quello di Venere. Il sorvolo avvenne a circa 50 000 km dalla superficie e fornì ulteriori immagini della superficie illuminata e dettagli del polo sud. Le manovre preparatorie per il terzo sorvolo non furono prive di incidenti, ma riuscirono comunque a portare la sonda statunitense alla minima distanza da Mercurio il 16 marzo 1975, quando passò a soli 327 km dalla superficie, confermando la natura intrinseca del campo magnetico e l'esistenza di una magnetosfera. La sonda abbandonò il pianeta dopo aver fotografato il 41% della superficie del pianeta, fu spenta e rimase in orbita eliocentrica.

Messenger:
La NASA, dopo oltre trentanni, lanciò nel 2004 la sonda MESSENGER il cui primo passaggio ravvicinato di Mercurio, avvenuto il 14 gennaio 2008, fu preceduto da un sorvolo ravvicinato della Terra e da due di Venere e fu seguito da tre manovre di fionda gravitazionale su Mercurio prima dell'ingresso in orbita attorno al pianeta il 18 marzo 2011. In seguito al primo fly-by di Mercurio, la sonda MESSENGER inviò a terra le prime immagini dell'emisfero "sconosciuto" di Mercurio.
La missione permise di scoprire la composizione della superficie, di rivelare la sua storia geologica, di analizzare il suo campo magnetico e di verificare la presenza di ghiaccio ai poli. La missione si concluse con il decadimento orbitale e l'impatto ad alta velocità sulla superficie, creando presumibilmente un nuovo cratere dal diametro di 16 metri.

BepiColombo:
Il 20 ottobre 2018 è avvenuto il lancio da parte dell'ESA della missione spaziale BepiColombo, così battezzata in onore dello scienziato, matematico e ingegnere Giuseppe Colombo (1920-1984).
La missione è volta esclusivamente all'esplorazione del pianeta più interno.
La missione ha l'obiettivo di approfondire lo studio del pianeta e di testare la teoria della relatività generale, consiste di due orbiter, il primo che si stabilizzerà in un'orbita con un apoermeo di 1.500 km per lo studio ravvicinato del pianeta e il secondo con un apoermeo di 11.600 km per lo studio della sua magnetosfera.
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Tratto da Wikipedia e migliorato.


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