cover blog2

ELENCO POST:

martedì 20 agosto 2019

VENERE : STORIA DELLE OSSERVAZIONI, nel corso della storia fino all'arrivo delle prime sonde. by Andreotti Roberto - INSA.

__________________________________________________
__________________________________________________
Aggiornato il 20/08/2019

VENERE, STORIA DELLE OSSERVAZIONI

Le osservazioni degli antichi:
Introduzione:
Conosciuto probabilmente già nella preistoria, Venere fu osservato poi da tutte le culture antiche come quella dei babilonesi che lo chiamarono Ištar, in onore della dea dell'amore, dell'erotismo e della guerra. Egizi, Greci, Maya e Romani distinguevano invece le apparizioni mattutine e serali in due corpi distinti, chiamandolo stella del mattino o stella della sera: Lucifero quando appariva prima dell'alba e Vespero quando appariva a ovest al calar del Sole. Per via del suo splendore in molte culture, tra cui quella Maya, Venere rappresentava due divinità gemelle, in cui venivano rispettivamente identificati Quetzalcoatl nella Stella del Mattino e Xolotl nella Stella della Sera. Era inoltre l'astro più studiato nei suoi movimenti in cielo. Per gli Inca rappresentava Chasca, dea dell'aurora dai lunghi capelli ricci, considerata il paggio del Sole poiché non si discostava mai troppo da esso.

Babilonesi e Greci:
È descritto dai Babilonesi in svariati documenti in scrittura cuneiforme, come il testo detto la Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa. I Babilonesi chiamarono il pianeta Ishtar, la dea della mitologia babilonese (connaturata con la dea Inanna dei Sumeri), personificazione dell'amore ma anche della battaglia. Gli Egizi identificavano Venere con due pianeti diversi, e chiamavano la stella del mattino Tioumoutiri e la stella della sera Ouaiti. Allo stesso modo, i Greci distinguevano tra la stella del mattino Φωσφόρος (Phosphoros) e la stella della sera Ἕσπερος (Hesperos); tuttavia, nell'epoca Ellenistica si comprese che si trattava dello stesso pianeta. Hesperos fu tradotto in Latino come Vespero e Phosphoros come Lucifero ("portatore di luce"), termine poetico in seguito utilizzato per l'angelo caduto allontanato dal cielo.

Simbolo dell'Italia:
Hesperia fu anche uno dei nomi dati dai Greci all'Italia meridionale e il simbolo associato divenne il più antico dei simboli patri italiani, conosciuto come stella d'Italia e raffigurato nel simbolo ufficiale della repubblica italiana (vedi sotto).


Divinità:
Tra i popoli dell'antichità la stella del mattino venne associata con la divinità di Astarte in Siria, che corrisponde alla divinità greca di Afrodite e alla latina Venere, ne è il motivo il grande fascino della sua luce di stella del mattino che personificava la divinità della bellezza. Il pianeta Venere venne riconosciuto come divinità da molti popoli, tra cui gli indiani; nello gnosticismo Lucifero era il portatore della sophia (sapienza).

Ebrei:
Gli Ebrei chiamavano Venere Noga ("luminoso"), Helel ("chiaro"), Ayeleth-ha-Shakhar ("cervo del mattino") e Kochav-ha-'Erev ("stella della sera").

Maya:
Venere era importante per la civiltà Maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte sui suoi movimenti, e si basava sulle fasi di Venere per valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre.

(a lato tavoletta Maya).

Masai:
Il popolo Masai definì Venere Kileken, e ha una tradizione orale, incentrata sul pianeta, denominata "Il bambino orfano".

Aborigeni:
Venere ha un ruolo significativo nelle culture degli australiani aborigeni, come gli Yolngu nell'Australia del Nord. Gli Yolngu si radunavano per aspettare la comparsa di Venere, che chiamavano Barnumbirr, e che, secondo la tradizione, permetteva di comunicare con i propri cari morti.

Altri:
Durante il periodo dello Stil Novo il pianeta fu anche chiamato Stella Diana, nome che non derivava dalla omonima dea della caccia, ma dal latino dies (giorno), intendendolo così come la stella che annuncia il dì.
Nell'astrologia indiana del Veda, Venere è nota come Shukra, ovvero "chiara, pura" in lingua sanscrita.
Gli antichi astronomi Cinesi, Coreani, Giapponesi e Vietnamiti chiamavano il pianeta "la stella (o astro) d'oro", collegandolo al metallo nella teoria dei cinque elementi cinesi.
Nella spiritualità Lakota Venere è associata con l'ultima fase della vita e con la saggezza.

Le prime osservazioni scientifiche:

Galileo:
Fu Galileo Galilei il primo a studiare Venere, osservandolo con il suo cannocchiale. Egli riuscì ad osservare le fasi e notò che queste erano simili a quelle della Luna, dimostrando la correttezza della teoria eliocentrica predetta qualche decennio prima dall'astronomo polacco Niccolò Copernico che sosteneva che Venere era posto tra la Terra e il Sole e ruotava attorno a quest'ultimo. A maggior sostegno della teoria c'era anche l'osservazione di Galileo della variazione del diametro angolare di Venere durante le sue diverse fasi a seconda della sua distanza dalla Terra. Tuttavia, come usavano al tempo molti dotti quando ancora non erano completamente sicuri delle loro scoperte, Galileo inviò a Giuliano de' Medici a Praga l'11 Dicembre 1610 che lo comunicò subito a Keplero, l'anagramma in latino "Haec immatura a me frustra leguntur oy" ("Queste cose premature sono da me dette invano") che si risolveva in seguito come: "Mater Amorum aemulatur Cinthyae figuras" ovvero "La madre degli amori (Venere) imita le forme di Cinzia (la Luna)".



Halley, Cassini, Schiaparelli, Herschel, ecc. :
Nel 1677 Edmond Halley suggerì di misurare la distanza Terra-Sole con osservazioni da diversi luoghi della Terra, in particolare in occasione dei transiti di Venere. Successive spedizioni in vari luoghi del mondo permisero di misurare la parallasse del Sole in 8,85 secondi d'arco. I transiti storici di Venere furono particolarmente importanti al riguardo; inoltre il transito del 1761 permise all'astronomo russo Michail Lomonosov di ipotizzare la presenza di un'atmosfera su Venere.

Lo spesso strato di nubi e l'alta luminosità del pianeta hanno costituito un serio ostacolo nell'individuazione del periodo di rotazione del pianeta. Cassini e Francesco Bianchini osservarono Venere e mentre il primo ipotizzò un periodo di 24 ore, Bianchini teorizzò un periodo di 24 giorni. Tuttavia William Herschel si accorse che il pianeta era ricoperto da uno spesso strato di nubi e che il periodo di rotazione non poteva dunque essere determinato con sicurezza. Così rimase un enigma anche se nel XVIII secolo molti astronomi pensavano che esso fosse di 24 ore, assumendo corrette le osservazioni di Cassini. Giovanni Schiaparelli fu il primo a sollevare nuove obiezioni a questa ipotesi ipotizzando che, come Mercurio, anche Venere fosse in rotazione sincrona, "bloccato" dal Sole. Schiapparelli infatti concluse i suoi studi l'11 agosto 1878 scrivendo: "Addio bella Afrodite, ormai la tua rotazione non sarà più un segreto".

Nel 1932, W. Adams e T. Dunham mediante osservazioni spettroscopiche nell'infrarosso scoprirono linee di assorbimento del carbonio che permisero di ipotizzare che l'anidride carbonica fosse predominante nell'atmosfera venusiana.

Nel 1961, durante una congiunzione, il periodo di rotazione di Venere fu misurato con il radiotelescopio di Goldstone, in California, anche se fu confermato definitivamente il suo moto retrogrado solo nel 1964. Intanto nel 1962 il Mariner 2 aveva raggiunto con successo il pianeta, inviando i primi dati su temperatura superficiale e composizione atmosferica.

Transiti:
Un transito di Venere è un evento molto raro e avviene quando il pianeta si interpone fra la Terra e il Sole, oscurandone una piccola parte del disco. Solo gli ultimi due transiti, quelli del 2004 e del 2012, sono avvenuti successivamente all'acquisizione di conoscenze sul pianeta grazie all'esplorazione in loco con sonde spaziali e sono stati osservati con strumenti scientifici moderni. Nella storia dell'astronomia moderna e contemporanea i transiti di Venere sono considerati molto importanti sotto diversi punti di vista, tra cui quello della esatta misurazione dell'unità astronomica, la distanza tra la Terra e il Sole. I transiti avvengono a coppie, con un intervallo di otto anni tra i transiti di ciascuna coppia e intervalli di 121,5 e 105,5 anni tra coppie successive.


C'è qualche menzione di transiti di Venere sul Sole in epoche antiche, come quella dello scienziato persiano Avicenna che riporta di aver osservato Venere nel 1032 come una macchia che passava sopra il Sole, concludendo che il pianeta fosse più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra.
Anche l'astronomo arabo Ibn Bajja menzionò transiti di Mercurio e Venere sul Sole nel XII secolo; tuttavia studi storici di Bernard R. Goldstein e altri nel XX secolo escludono che questi transiti possano essere stati effettivamente osservati ad occhio nudo, concludendo che i due astronomi molto probabilmente osservarono delle macchie solari.

La prima previsione di un transito di Venere fu di Keplero nel 1631, anche se nessuno all'epoca riuscì ad osservarlo perché non visibile dall'Europa. Keplero non aveva previsto il transito che avvenne 8 anni dopo, cosa che fece il giovane astronomo britannico Jeremiah Horrocks, che nel 1639 osservò per primo un transito di Venere davanti al Sole. Da Horrocks in poi sono stati osservati solo altri sei transiti nel corso della storia, tra cui quello del 1761 che permise la scoperta dell'esistenza di un'atmosfera su Venere.

In quegli anni però lo studio dei transiti era volto alla stima della distanza Terra-Sole, su suggerimento di Halley che agli inizi del XVIII secolo aveva rivolto un appello agli astronomi più giovani dell'epoca, astronomi che avrebbero potuto essere ancora in vita in occasione dei successivi transiti del 1761 e del 1769. Molti astronomi di diverse nazionalità raggiunsero le località, sparse per il mondo e a volte difficli da raggiungere, da dove sarebbero stati visibili i transiti previsti. Particolarmente sfortunato fu l'astronomo francese Guillaume Le Gentil, che dopo aver perso il transito del 1761 osservabile dall'India perché a bordo di una nave in movimento, perse anche quello di otto anni dopo perché quel giorno il cielo si rannuvolò. Tornato in Francia ebbe anche la brutta sorpresa di trovarvi la moglie risposata mentre lui era stato dato per morto dalle autorità. Il famoso navigatore britannico James Cook intraprese nel 1768 il suo primo viaggio diretto a Tahiti perché incaricato dalla Royal Society di studiare un transito di Venere. Nel 1771 Jérôme Lalande, un altro astronomo francese, utilizzando i dati dei transiti precedenti stimò in 153 milioni di chilometri la distanza della Terra dal Sole, distanza poi corretta nel secolo successivo da Simon Newcomb in 149,67 milioni di km grazie alle osservazioni dei transiti del 1874 e del 1882.

Missioni spaziali URSS:
La storia delle esplorazioni spaziali verso Venere nasce nel 1961 con la missione sovietica Venera 1 che effettuò il fly-by del pianeta senza però riuscire a trasmettere alcun dato. Il programma Venera continuò fino al 1983 con 16 missioni di successo.

È oggi noto che Venere possieda una superficie rovente su cui insiste un'atmosfera corrosiva con un'altissima pressione, ma in passato questi dati erano sconosciuti e ciò lasciò campo aperto a qualsiasi ipotesi. Carl Sagan teorizzò che Venere fosse coperta da un oceano non di acqua, ma di idrocarburi. Altri studiosi ritenevano che il pianeta fosse ricoperto da paludi mentre altri ancora ipotizzavano un mondo desertico. Gli scienziati sovietici delle missioni Venera erano così propensi ad aspettarsi un oceano che sulla sonda Venera 4, lanciata nel 1967, installarono un morsetto fatto di zucchero bianco raffinato che a contatto con l'acqua (o un altro fluido dotato della giusta composizione e temperatura) si sarebbe sciolto facendo scattare l'antenna che con questo stratagemma si sarebbe salvata dall'affondamento della sonda. Su Venere la sonda Venera 4 non solo non trovò un oceano, ma non raggiunse neppure la superficie. Smise infatti di trasmettere quando la pressione atmosferica superò le 15 atmosfere, soltanto una frazione delle 93 atmosfere presenti sulla superficie del pianeta.


Comunque si trattava di un risultato straordinario: per la prima volta un veicolo costruito dall'uomo aveva comunicato dati relativi all'analisi delle condizioni di un ambiente extraterrestre. I sovietici studiarono quindi una sonda più resistente. Il gruppo di Anatolij Perminov ipotizzò dapprima che la sonda dovesse resistere a una pressione di 60 atmosfere, quindi di 100 e infine di 150 atmosfere.[34] Per tre anni il gruppo di Perminov testò le sonde in condizioni estreme e, per simulare l'atmosfera di Venere, costruì la più grande pentola di Papin, una pentola a pressione gigantesca, in cui le sonde venivano immesse finché non si schiacciavano o fondevano.


Venera 7 fu costruita per sopportare una pressione di 180 atmosfere e lanciata il 17 agosto 1970; il 15 dicembre dello stesso anno trasmise il segnale tanto atteso. La prima sonda costruita dall'uomo era atterrata su un altro pianeta e aveva comunicato con la Terra. Nel 1975 i sovietici inviarono le sonde gemelle Venera 9 e 10 equipaggiate con un disco frenante per la discesa nell'atmosfera e di ammortizzatori per l'atterraggio.

(a lato foto VENERA 9).

Le sonde trasmisero immagini in bianco e nero della superficie di Venere mentre le sonde Venera 13 e 14 rimandarono le prime immagini a colori di quel mondo. (vedi sotto).


Missioni spaziali USA:
La NASA iniziò il suo programma di esplorazione spaziale verso Venere nel 1962 con il programma Mariner: tre sonde riuscirono con successo ad effettuare un fly-by del pianeta e trasmettere i dati alla Terra. Nel 1978 nell'ambito del progetto Pioneer Venus per lo studio dell'atmosfera venusiana gli statunitensi lanciarono diverse sonde separate verso Venere. Negli anni ottanta i sovietici proseguirono invece con le sonde Venera: le Venera 15 e 16 lanciate nel 1983 e dotate di Radar ad apertura sintetica mapparono l'emisfero nord del pianeta rimanendo in orbita attorno ad esso. Nel 1985 i sovietici lanciarono anche le sonde Vega 1 e 2 che rilasciarono moduli sulla superficie prima di andare verso l'incontro con la cometa di Halley, l'altro oggetto di studi di quelle missioni. Vega 2 atterrò nella regione Aphrodite raccogliendo un campione di roccia contenente anortosite - troctolite, materiale raro sulla Terra, ma presente negli altopiani lunari.

Nel 1989 la NASA, utilizzando lo Space Shuttle, lanciò verso Venere la Sonda Magellano, dotata di un radar che permise una mappa quasi completa del pianeta con una risoluzione nettamente migliore di quella delle precedenti missioni, lavorando per ben 4 anni prima della caduta e della conseguente distruzione nell'atmosfera venusiana, anche se qualche frammento potrebbe essere arrivato sulla superficie.

Negli ultimi decenni, per risparmiare combustibile, Venere è stato spesso usato come fionda gravitazionale per missioni dirette verso altri pianeti del sistema solare. Fu il caso della sonda Galileo, diretta verso Giove e le sue lune, e la missione Cassini-Huygens, diretta all'esplorazione del sistema di Saturno, che effettuò due fly-by con Venere tra il 1998 e il 1999 prima di dirigersi verso le regioni esterne del sistema solare. Nel 2004 il pianeta venne usato due volte come fionda gravitazionale dalla sonda MESSENGER per dirigersi all'interno del sistema solare verso Mercurio.

Venus Express, lanciata nel 2006, ha eseguito una mappatura completa della superficie e sebbene fosse inizialmente prevista una durata della missione di due anni, essa è stata estesa fino al dicembre del 2014. In otto anni la sonda ha fornito prove dell'esistenza passata di oceani, evidenze di fulmini nell'atmosfera e ha individuato un gigantesco doppio vortice polare al polo sud. Inoltre ha individuato la presenza del gruppo ossidrilico nell'atmosfera e di un sottile strato di ozono.

Un ipotetico satellite.... Neith:
Venere non ha satelliti naturali, sebbene in passato questo dato non fosse certo: tra il 1600 e il 1800 più di un astronomo affermò di averne osservati. Il primo fu Francesco Fontana, che credette di aver osservato una o più lune per ben quattro volte tra il 1645 e il 1646. Le osservazioni si ripeterono negli anni a cura di altri astronomi celebri, Cassini, Lagrange, Lambert e altri, calcolando anche l'orbita del satellite e attribuendogli il nome di Neith. Nel 1887 l'accademia belga delle scienze pose fine ad ogni dubbio indagando sulle rilevazioni passate e analizzando i transiti di stelle che avrebbero potuto portare all'errore.

______________________________________________
______________________________________________

A cura di Andreotti Roberto.


Nessun commento:

Posta un commento